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la via Rhona

di Gianpaolo Beltrami

10/17 Agosto 2019

 

Una notte afosa, come sola la pianura padana sa produrre. La temperatura non cambia neppure con l’arrivo delle tenebre.

Arriviamo quasi tutti puntuali e boccheggianti per la calura, che da giorni ci sta prosciugando.

Non abbiamo quasi la forza di parlare, ci limitiamo a qualche semplice saluto di circostanza.

Le operazioni di imbarco delle biciclette procedono con la massima cura. Ognuno osserva il proprio mezzo salire a bordo del carrello sincerandosi che non subisca danni.

Il gruppo denota oramai una certa famigliarità, le ansie passate lasciano spazio ad una serenità quasi disarmante.

Sono le 5 e 18, quando, il bus muove i primi passi di questa nuova avventura. L’alba sonnecchia, il tempo di salutare amici e parenti irriducibili e finalmente si va.

Da Novellara partiamo solo in 13. Cammin facendo andremo a recuperare una vecchia conoscenza di Milano (Patrizia) che per ragioni logistiche salirà con noi a Piacenza.

Una costola del gruppo, composta da otto unità, ci ha preceduto di qualche giorno, partendo dalla sorgente del Rodano in Svizzera. Dopo una cavalcata di quasi 500 km ci raggiungeranno al nostro arrivo a Vienne in Francia.

A completare la squadra, arriveranno a Vienne con mezzi pubblici, Luca da Milano e Francesca da Roma.

Naturalmente siamo tutti curiosi di conoscerli.

Il tempo sul bus trascorre lentamente, la pianura sembra non finire mai. Qualcuno sonnecchia, molti molestano all’inverosimile il loro povero cellulare.

Finalmente lo scenario cambia, arrivano le prime montagne, le persone iniziano a dialogare e le risate rumorose della Zefi (altra nuova ) risvegliano un clima troppo soporifero.

Il nostro fedele autista Francesco, necessita della sosta di legge, quindi anche noi ne approfittiamo per mangiarci un boccone; naturalmente un utile ed economico pranzo al sacco.

Inizia da lì a poco, la nostra discesa in territorio francese. Per fortuna non troviamo code e la nostra marcia procede in modo regolare.

Dopo quasi 10 ore di viaggio arriviamo alle porte di Vienne. Siamo consapevoli che non potremo parcheggiare il bus nei pressi dell’albergo. Io e Francesco abbandoniamo il mezzo per un veloce consulto con la reception dell’hotel, in modo da trovare una soluzione ottimale per le operazioni di scarico.

Trovato il parcheggio proprio a bordo fiume ( Rodano n.d.r.), in dieci minuti scarichiamo armi e bagagli e ci avviamo alla nostra prima meta.

Giusto il tempo di una meritata doccia rinfrescante per poi riunire tutto il gruppo. Veloce presentazione con i nuovi compagni di avventura per poi incontrare la guida che ci accompagnerà nella visita dei monumenti più importanti di Vienne.

Conosciamo Luca, giovane ingegnere milanese, poi, finalmente scende anche Francesca, essendo l’ultima aggregata si fa attendere il giusto, creando un poco di suspense nell’intero gruppo.

La guida emana un sottile filo di voce, ci auguriamo possa sopravvivere fino al termine del tour della visita.

Dopo solo cinque minuti a piedi, raggiungiamo la cattedrale di Saint-Maurice. Raccolti al riparo del sole, ascoltiamo la flebile descrizione della guida che ci illustra la mirabile facciata gotico fiammeggiante con il portale maestoso e riccamente decorato.

Una volta entrati, scopriamo i segreti di questa cattedrale, che ha una parte romanica e una gotica.

Proseguiamo, per salire fino al teatro antico, di origine romana come quasi tutti i monumenti che troveremo durante il nostro percorso. Questo edificio poteva contenere fino a 13.000 spettatori; viene tutt’ora utilizzato per vari spettacoli.

La nostra guida è sempre più pallida ed l filo di voce che emana è sempre più flebile. Temo non arrivi a fine giro. Entriamo in un edificio x ammirare il giardino di Cibele. Cominciamo a dare ampi segnali di stanchezza, forse la poca energia della guida non ci aiuta.

Come ultima tappa, arriviamo in una splendida piazza, dove possiamo ammirare il tempio di Augusto e Livia, decisamente ben conservato nonostante abbia più di 2000 anni.

La nostra guida, con le ultime forze rimaste, ci accompagna per un breve pezzo di strada, dandoci le ultime indicazioni per trovare il ristorante “ Ma grand mere “, dove alle 19.30 abbiamo prenotato la cena.

La cena è così così, purtroppo dovremo abituarci a questo tipo di livello. Alcuni optano per andare direttamente a letto, mentre alcuni irriducibili, fanno una passeggiata notturna lungo le rive del Rodano.

Il lungo fiume notturno emana sempre un fascino particolare, quasi lo si tocca con un dito. Ci siamo, il nostro magico contatto con il Rodano è iniziato.

Arriviamo alla spicciolata all’appuntamento con la colazione. Ognuno è alla ricerca dell’alimento perfetto che gli possa garantire quella riserva di energie che la lunga tappa richiede. Poco alla volta i piatti si riempiono di tutte le primizie presenti nel buffet. Qualcuno non soddisfatto, nasconde nel tovagliolo di carta una riserva di cibo per le situazioni di emergenza.

Nel piccolo cortile dell’albergo, avvengono le operazioni di carico bagagli sulle biciclette. La concentrazione in questo caso è ai massimi livelli. Tutti sanno che il buon esito della giornata, dipende molto dalla cura con cui si posizionano le borse sul mezzo. Perdere un bagaglio durante il tragitto potrebbe essere pericoloso sia per se stessi che per il compagno che ci segue.

All’ora x, si accende “la macchina infernale “. Siamo nelle mani del sistema satellitare. D’ora in poi dovremo seguire “ la traccia “. Non uno ma due uomini al comando, grazie al loro mezzo elettronico, ci condurranno fino al mare seguendo il percorso del Rodano.

Come un battaglione che si rispetti, in fondo al gruppo, ci saranno sempre le denominate “scope”, pronte a recuperare eventuali ritardatari o a segnalare improvvisi problemi meccanici alle nostre biciclette.

Il sole si specchia nelle acque blu del fiume, l’aria è frizzante e ti invoglia a pedalare veloce. Il gruppo procede a spron battuto, come se fosse inseguito da un nemico incalzante. Il Rodano scende in mezzo a queste dolci colline, ricche di vigneti che presto saranno oggetto di una sontuosa vendemmia.

Il percorso è stupendo. Alterniamo momenti di isolamento totale in mezzo alla natura a spettacolari incursioni in piccoli centri costruiti a stretto contatto con i fiume.

Siamo un gruppo numeroso ma, non mancano i momenti in cui ti puoi isolare e comunicare al vento la tua solitudine. Riesci ad ascoltare i rumori che il fiume trasporta, pedalando in sintonia con la natura non senti la fatica e sul tuo viso riappare finalmente il sorriso.

Assorti in questa estasi meravigliosa, ci siamo quasi dimenticati che alle 13 avevamo percorso quasi 70 km. senza fermarci per la rituale pausa pranzo.

Scatta quindi l’emergenza cibo. Arrivati a Tournon sur Rhone, quasi come animali famelici, assaltiamo la prima boulangerie che troviamo. Purtroppo però non troviamo da dissetarci, la stanchezza gioca a nostro sfavore, il gruppo si sfalda ed ognuno va alla ricerca dell’acqua disperatamente.

Poi ci accorgiamo che questo paesone ha anche un centro con relativi bar, pub e pasticcerie varie.

Tutto rientra nei ranghi, il gruppo si rinsalda, si mangia e si beve, la lucidità torna a scorrere nelle nostre menti.

Nel frattempo, come da previsioni, il sole ci abbandona, arrivano all’orizzonte nuvole minacciose sospinte da un vento incalzante.

Ripartiamo, sperando di non dover fare i conti con la pioggia già dal primo giorno in bicicletta.

Appena usciti dal centro del paese, si scatena l’inferno, meno male che i nostri radar trovano subito un riparo dove tutti possono trovare spazio.

Tuoni e fulmini accompagnano questo improvviso temporale estivo. Cerchiamo di resistere senza togliere dalle borse gli indumenti per la pioggia. La battaglia è persa, il vento freddo ci invita a coprirci, e la stessa cosa dobbiamo farla per le nostre borse se non vogliamo arrivare con tutti gli indumenti di ricambio bagnati.

Cadiamo nella trappola. Una breve tregua, ci induce a ripartire, ma dopo pochi metri, riprende più intenso di prima il temporale. Questa volta anche con grandine. La maggior parte del gruppo, stoicamente, affronta le intemperie e prosegue verso la meta finale. Solo in quattro si fermano, trovando riparo presso la fermata del bus dove una pensilina li accoglie proteggendoli dalla pioggia.

Per fortuna la violenza del temporale si placa e dopo solo dieci minuti gli permette di andare all’inseguimento del resto del gruppo.

Non hanno la traccia. Non gli resta che tornare alla preistoria e seguire il vecchio sistema delle indicazioni stradali. Il gruppo però si accorge della loro assenza e manda in soccorso un piccolo drappello a sincerarsi che non gli sia successo nulla di grave.

Stanno bene, nessun ferito, anzi loro asciutti e gli altri oltre ad essere preoccupati sono anche bagnati.

Dopo il ricongiungimento, litighiamo con la tecnologia che ci vuole mandare ad un indirizzo inesistente. Finalmente i satelliti si mettono d’accordo e riusciamo a raggiungere l’hotel.

Dopo quasi cento chilometri, fatti quasi tutti d’un fiato, una bella doccia calda la meritiamo.

La vista di una piccola piscina, nel cortile dell’albergo, ci invita ad una nuotata fuori programma. Ci ritroviamo in pochi eletti, ma anche questi pochi attimi di evasione vanno gustati fino in fondo.

La cena ci viene servita in albergo. Fatica a raggiungere la sufficienza, ma dovremo farci l’abitudine.

Prima di coricarci andiamo alla scoperta di Roman sur Isere in versione notturna. La cittadina sembra abitata da ombre; nonostante sia Domenica sera, non troviamo un locale aperto. Risaliamo il lungo fiume e poco dopo rientriamo in albergo per un meritato riposo.

Il mattino dopo, ci attende un cielo minaccioso. Facciamo colazione illuminati dai fulmini e scossi dal rumore del tuono. Il vento annuncia l’arrivo della pioggia. Meglio di così la giornata non poteva cominciare.

Ma la tecnologia in nostro possesso, come al solito, ci viene in aiuto, tutto passerà molto velocemente ed il sole fra poco regnerà sovrano.

Le nubi ci salutano. Il sole riappare e ci invita a intraprendere il cammino di giornata. Abbandoniamo l’Isere e la sua cittadina con pochi rimpianti, una breve salita ci fa ammirare l’ultimo panorama, il tempo di un addio e il gruppo pedala alla ricerca del Rodano perduto.

Prima di Valence, ritroviamo il nostro fiume, d’ora in poi promettiamo di non perderlo più di vista. Forse indispettito è stato lui a mandarci i tuoni e fulmini del giorno prima.

Respiriamo di nuovo il profumo della frutta matura. Ogni tanto cediamo alla tentazione, raccogliendo questi doni dal sapore autentico. Il loro nettare è talmente dolce e sugoso che ci chiediamo se sia veramente un sogno o una realtà.

Tra un attraversamento di ponte e l’altro, arriviamo a Valence. Ci fermiamo in centro per un caffè veloce, ma in modo particolare per fare rifornimento di cibarie. Assaltiamo come al solito un piccolo panificio. Facciamo la conoscenza del “ pan bagnat alla provenzale “, un succulento panino farcito con uova tonno acciughe e un sacco di verdure.

Valence è una cittadina pulita e ordinata, con uno splendido parco che ammiriamo mentre usciamo dal centro con le nostre biciclette. Forse avremmo fatto meglio a dormire qua la notte precedente.

Niente ripensamenti, la strada per Montelimar è ancora lunga, ma dopo aver fatto scorta di acqua e cibo e con il sole che ci accompagna, nulla ci spaventa, la meta sarà raggiunta senza problemi.

Le colline iniziano ad appiattirsi, lasciando spazio alla pianura. Immensi campi di girasoli si alternano ai frutteti ricolmi di frutta divina e matura. Il fiume gioca a nascondino, appare e scompare, regalandoci magnifiche cartoline illustrate.

Il sole non troppo caldo aiuta la nostra pedalata. Stiamo per lasciare l’Ardèche e varcare finalmente il confine con la Provenza. L’aria inizia a profumare di lavanda, anche se i campi colorati di lilla rimangono dipinti nella nostra fantasia.

Infatti ai nostri occhi compaiono solo timidi ciuffetti colorati, dolce ricordo del raccolto del mese scorso.

Ma ci piace sognare e immaginare di pedalare in mezzo a questi campi colorati di lilla, con il profumo che ci inebria e ci stordisce fino a farci perdere il lume della ragione.

Capita spesso di vedere quello che vorresti vedere e di cancellare le immagini negative dai tuoi ricordi.

Andare in bicicletta ti permette, a volte, di pilotare le immagini, di regolare i profumi e di fermare il tempo.

Sono attimi di magia che durano anche pochi secondi, ma se si sanno cogliere, rendono un viaggio veramente speciale.

Il fiume, oltre alle segnaletiche, ci indica con chiarezza la strada da percorrere, nessuno si perde, anche chi si attarda per qualche foto di rito o per qualche esigenza corporale, ritrova il gruppo con estrema facilità.

Montelimar sarà una tappa transitoria, giusto il tempo per la solita cena alla francese, e un buon letto che ti permetta di recuperare le giuste energie.

La mattina seguente, con un accenno di cielo grigio, abbandoniamo senza rimpianti la cittadina di Montelimar. Il fiume ci sfugge, sembra volere giocare a nascondersi. Poi come d’incanto riappare e con lui il sole e il nostro cammino può finalmente riprendere.

Daniele, uno dei nostri, causa qualche acciacco e un po’ per le fatiche delle due tappe precedenti, ci precede con il treno. Non ci farà però mancare il suo sostegno. Infatti con il telefonino ci avverte che ci aspetta un interessante visita a Viviers.

Dalla sponda opposta, compare quasi all’improvviso, con tutta la sua imponenza la cattedrale di Saint Vincent ad annunciare il nostro prossimo arrivo a Viviers.

Dopo l’ennesimo attraversamento del fiume, saliamo le ripide stradine di ciottolato della cittadina situata ancora nella valle dell’Ardèche.

Quasi un tuffo nel passato. Varchiamo la porta della cattedrale e iniziamo la visita di questo magnifico monumento in stile romanico gotico fiammeggiante.

All’uscita, ritorniamo in sella e ci lasciamo guidare dal caso attraverso queste strette viuzze, forse sperando di perderci almeno per un istante.

Poi la fame ci riporta alla realtà quotidiana. Ci mescoliamo fra la gente locale. Le massaie sono intente a fare la spesa quotidiana al mercato. Mangiamo pane e formaggio e frutta fresca, qualcuno si ostina ancora a prendere un pessimo e caro caffè, poi via a riabbracciare il fiume.

Una ripida discesa, poi di nuovo su un ponte per ripassare sulla sponda opposta. Riprende il viaggio di avvicinamento ad Orange. Siamo quasi sempre e solo in compagnia della natura che ci circonda, sembra che il mondo moderno si sia momentaneamente fermato. Pedaliamo cavalcando il tempo, sussurriamo alle piante, sorridiamo ai girasoli, ci inebriamo dei profumi della frutta matura.

Arriviamo abbastanza presto alla periferia di Orange. Trovare l’albergo non è un problema, ci sistemiamo velocemente, abbiamo un appuntamento in centro con il nostro amico Daniele.

Ricompattata la truppa, giusto il tempo di ammirare dall’esterno il muro di scena del teatro romano, per poi salire alla collina di st.Europe. La fatica che facciamo per salire, viene ampiamente ripagata dal magnifico panorama che si gode in cima.

Mentre un forte vento ci schiaffeggia il viso, ammiriamo dall’alto la magnificenza del teatro romano con i suoi quasi 7000 posti e il suo muro di scena lungo più di cento metri e alto 36. Girandoci verso Est ecco che compare con tutta la sua fama il mont Ventoux, una delle salite che hanno fatto la storia del ciclismo francese. A sud con un pizzico di immaginazione riusciamo ad intravedere le guglie del palazzo dei Papi di Avignone.

Di nuovo giù in picchiata, per una doccia ristoratrice, una cena frugale e poi la serata con la visita guidata al teatro romano.

La cena si rivela peggiore del previsto. Il cibo è pessimo, ma il servizio è addirittura indisponente, le nostre proteste più che legittime surriscaldano l’ambiente e sfociano in un litigio verbale con un arrogante direttore.

Offesi e arrabbiati da tale supponenza, ci incamminiamo verso il centro, sperando che la visita che ci aspetta riporti il sereno nel profondo della nostra anima.

L’atmosfera del teatro, ci fa viaggiare nel tempo, ascoltiamo la nostra guida che, con un francese molto scolastico, ci illustra sapientemente tutte le meraviglie di questo luogo. Immaginiamo il pubblico eccitato che, stipato in ogni ordine di posto, applaudiva gli attori che calcavano queste scene.

Stanchi ma appagati, dopo una breve passeggiata fra le luci soffuse della città, rientriamo al nostro albergo per un meritato riposo.

Prima di lasciare Orange, dedichiamo un po’ del nostro tempo alla visita della stupendo arco romano che dal 1981 è diventato assieme al teatro patrimonio dell’Unesco.

L’arco venne probabilmente eretto negli anni 20-25 d.C. per commemorare le vittorie di Germanico, morto nell’anno 19. L’arco fu in seguito ridedicato a Tiberio nel 26-27 d.C. e in tale occasione fu aggiunta la dedica.

Dopo la consueta foto di rito davanti al monumento, salutiamo la cittadina e le sue bellezze per riprendere il nostro cammino fino ad Avignone.

Passato il villaggio di Caderousse , possiamo ammirare i famosi vigneti di Chateauneuf-du Pape, dipinti su ripidi pendii con splendida vista sulla valle del Rodano. Dopo il profumo dell’uva quasi matura, cominciano ad apparire le prime impressionanti viste della storica città papale.

Prima di mezzogiorno siamo sotto le mura di Avignone. Quasi storditi da tanta ammirazione, uno di noi riesce a perdere un bagaglio. Per fortuna le operazioni di recupero avvengono celermente e il gruppo raggiunge velocemente l’albergo a noi riservato.

La ragazza della reception, oltre a parlare bene la nostra lingua, si dimostra subito estremamente gentile e disponibile. Ci vengono assegnate subito le camere e anche la sistemazione delle biciclette ci soddisfa ampiamente.

Come da programma, ognuno può visitare Avignone liberamente. Si formano dei piccoli gruppetti che si addentrano all’interno delle mura per scoprire tutti i segreti di questa importante cittadina.

Il nostro quartetto, dopo una scrupolosa ricerca, si ritrova a mangiare in una piazzetta piena di piccoli locali molto invitanti, finalmente un pranzo come si deve. Il sole che sbircia fra i rami di enormi platani illumina i piatti succulenti che un attento cameriere ci serve con eleganza. Il vino, bianco e fresco, si fa apprezzare e cancella il ricordo delle orride cene precedenti.

Con molta fatica abbandoniamo il nostro banchetto per iniziare anche noi la visita della città. Ci lasciamo trasportare dallo sciame di folla, che inevitabilmente ci trasporta in place de l’Horloge con il suo magnifico viale di platani e i mille caffè sempre affollatissimi di turisti.

Da lì a poco arriviamo di fronte a sua maestà il palazzo dei Papi, grandioso esempio di architettura gotica, eretto nel XIV secolo per il trasferimento della curia papale da Roma ad Avignone. Per la visita dobbiamo pazientare educatamente in fila, sotto il sole, senza nessun riparo, armati dal desiderio di ammirare questo ennesimo patrimonio Unesco.

Una volta raggiunto l’interno, si ha la possibilità di scoprire un mondo virtuale che ci riporta indietro nel tempo mostrandoci i fasti di questo immenso palazzo.

Dopo quasi due ore di visita, ritorniamo all’aria aperta. Avendo bisogno di ossigeno ci avviamo verso un altro dei luoghi iconici della città: il ponte di Saint Bénezet o comunemente detto il ponte di Avignone.

Su questo luogo si sprecano le storie e ancor di più le leggende. Anche qua facciamo il pieno di turisti.

Di ritorno alla place de l’Horloge, troviamo giusto il tempo per una veloce puntata all’Eglise Saint Didier, ma possiamo ammirarla solo dall’esterno.

Stanchi ma soddisfatti, rientriamo fra due ali di folla al nostro albergo per una meritata doccia rinfrescante.

La cena è prevista in una brasserie poco lontana dall’hotel. La cena è superiore alla media delle altre sere; una onesta zuppa e della carne discreta ci permettono di chiudere una giornata nel migliore dei modi.

Gustiamo una buona colazione nel giardino dell’Hotel. Il tempo di salutare le mura che circondano il centro storico di Avignone per poi riprendere il nostro cammino che ci porterà fino al mare.

Oggi attraverseremo la piana che si estende tra Costières e la costa mediterranea fino ad arrivare a Saint Gilles, porta di entrata per la Camargue.

I profumi dei vigneti si mescolano con il sapore della frutta matura, per poi lasciare il campo a immensi campi di girasoli. Sono l’ultimo baluardo prima dell’ingresso nel mondo delle paludi della Camargue.

Abbiamo lasciato il Rodano, per seguire il suo piccolo canale che ci accompagna fino all’ingresso di questa cittadina, famosa per la facciata della sua chiesa e per essere una delle vie di accesso al famoso cammino di Campostela.

Un soffio di vento accompagna l’arrivo del nostro gruppo. Saint Gilles non è sulla laguna, non ci sono fenicotteri rosa e nemmeno i negozi di souvenir che vendono sale della Camargue eppure questo posto ha in sé l’essenza vera di questa terra: è aspro, ha un aspetto come abbandonato e ti rivela il suo scrigno di tesori solo se hai davvero voglia di cercarlo.

Ci sembra di vivere un incubo, la polvere sulle nostre biciclette ci fa assomigliare ad un gruppo di cavalieri.

Al primo saloon ci fermeremo per bere una birra gelata e far ristorare i nostri cavalli. Dopo aver rievocato questa atmosfera western, troviamo il nostro albergo che ci permette anche, molto gentilmente, di pulire le nostre biciclette. Oggi abbiamo fatto un sacco di strada sterrata.

Giri fra le strade di questo paese di pescatori, tra le case diroccate i bar con gli anziani seduti fuori a fumare la pipa e ti chiedi cosa possa nascondere; seguendo una strada di ciottoli che conduce a quello che sembra un centro storico, ti trovi davanti questo, che ti accoglie come un pugno nello stomaco da quanto è inatteso e meraviglioso…. Il portale dell’abbazia di Saint Gilles ennesimo patrimonio Unesco.

Dopo la visita, tornando verso l’albergo, ci appaiono, come comparsi dal nulla, un paio di ragazzini che con incredibile maestria, si esibiscono in uno spettacolo di street dance da applausi.

Ceniamo all’aperto, ai bordi di una strada dove non passa mai nessuno. Il servizio è impeccabile, il cibo finalmente raggiunge un livello elevato. Coroniamo la serata scolandoci una bottiglia di Chateauneuf-du-pape.

Salutiamo questa cittadina, con il suo porto canale da dove partono i battelli per i tour organizzati per la visita della laguna.

Presto lo scenario cambia, la strada è un mix di polvere, buche e sassi. I prati lasciano spazio agli acquitrini dove gli uccelli che sembrano controllare dall’alto il nostro cammino, planano con dolcezza.

Arrivano gli allevamenti di tori, che si alternano a quelli dei cavalli Nel frattempo una brezza gentile soffia alle nostre spalle indicandoci la direzione verso il mare.

L’azzurro del cielo si tuffa nel blu del mare, le dune di sabbia bianca sono il nostro ultimo ostacolo per il meritato bagno nel Mediterraneo.

L’acqua è gelida, ma ha un effetto purificante. Si ride, si scherza, si urla, il nostro animo è tornato come quello di un bambino. Le fatiche dei giorni scorsi sono solo un ricordo.

La brezza marina e il sole ci asciugano velocemente. Riprendiamo le biciclette per arrivare in centro a Saint Marie de la Mere. Si può fare uno spuntino con le ostriche da passeggio o con un buon piatto di pesce fresco, di certo non mancano le alternative.

Rinfrescati e ristorati, di nuovo in sella x raggiungere Arles, ultima tappa del nostro incredibile viaggio.

La strada è molto trafficata, di conseguenza occorre viaggiare schierati in fila indiana. Il nostro trenino fila via in silenzio zittito dal rombo delle autovetture. Possiamo solo sbirciare il paesaggio della laguna con la sua fauna variopinta.

L’albergo ad Arles è situato in una zona industriale, fuori dalle mura della città. Al nostro arrivo salutiamo Francesco, il nostro autista del Bus che all’indomani ci riporterà a casa.

Prima di cena, breve bagno in piscina, poi ennesima cena in albergo con risultato scadente. Vino rosso fermo freddo di frigorifero è l’ennesima prova del pessimo trattamento che abbiamo dovuto subire.

La mattina dopo, ci facciamo una bella camminata per arrivare nel centro storico di Arles. La città ancora sonnecchia, molti monumenti sono ancora chiusi, tutti i vari caffè hanno appena iniziato a preparare i loro tavolini nelle tipiche piazzette.

Il teatro romano, l’arena, il caffè di Van Googh, poi la cattedrale. È un continuo susseguirsi di storia romana mixata a momenti di vita sociale che si dipana nelle strette viuzze che poco alla volta si animano di turisti.

Non potevamo lasciare questa cittadina senza passare almeno un oretta all’interno del suo meraviglioso mercato del sabato.

Oltre due chilometri di bancarelle traboccanti di prodotti di ogni tipo, dai vestiti alle spezie, dalla carne al pesce, dolci, formaggi, borse. Giocattoli e per pochi euro potete persino portarvi a casa una gallina viva…

Sei travolto da questo incredibile susseguirsi di colori e profumi, assaggiamo di tutto, poi ci facciamo ingolosire da una fumante paella. Sarà il nostro ultimo pasto in terra francese.

Quasi storditi, rientriamo in albergo dove il bus ci attende per fare rientro in Italia. Lo spettacolo della Costa Azzurra rende il nostro rientro meno triste. Le facce sono stanche, ma gli animi felici.

Anche questa è fatta. Grazie a tutti.

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