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Resia 2023

di Gianpaolo Beltrami

MALLES – NOVELLARA 24 LUGLIO – 28 LUGLIO

VIAGGIO IN BICICLETTA SEMISERIO DI UN GRUPPO DI 26 CICLISTI

 

Tutti i nostri viaggi sono il frutto di un lungo lavoro di preparazione, studio, problemi da risolvere, incomprensioni, sogni che sembrano sfumare, ma poi, come d’incanto ogni cosa si sistema ed arriva il giorno della partenza.

Il ritrovo era, come oramai d’abitudine, presso il parcheggio coop di Novellara alle ore 6,00: chi arriva direttamente in bicicletta, chi invece con l’auto per poi procedere allo scarico del mezzo a due ruote.

L’aria è bella frizzante, siamo tutti un poco tesi e sentiamo l’ansia della partenza. Non mancano i primi problemi: chiavi della batteria lasciate a casa, documenti dimenticati, anche un piccolo scivolone per fortuna senza conseguenze.

Arriva il bus con relativo carrello. L’inizio delle operazioni di carico delle biciclette permette alle persone di abbassare la guardia ed iniziare finalmente a rilassarsi. Quando anche l’ultima bicicletta sta per salire sul carrello, il buon Carlo riesce a litigare con l’autista e a chiudere in bellezza le operazioni di carico.

Tolti gli ormeggi, alle 6,45 si parte. Sul bus siamo ben sistemati, i parecchi posti vuoti ci permettono di trovare posizioni comode in vista delle cinque ore abbondanti di viaggio.

Non riusciamo ad entrare in autostrada a Reggiolo in quanto il traffico è bloccato causa incidente. Niente di grave, una piccola deviazione ci permette di entrare a Pegognaga.

Le facce sono ancora assonnate, c’è ancora poca voglia di chiacchierare, fuori il cielo è grigio, il sole tarda ad affacciarsi, sembra attendere il nostro completo risveglio.

Serve la pausa caffè per dare la scossa al gruppo. Appena la caffeina entro in circolo, le lingue si sciolgono e le chiacchiere scendono a fiumi, il ghiaccio è rotto, il clima si surriscalda, anche il sole decide che è l’ora di alzarsi.

Essendo un giorno feriale (Lunedì)non troviamo molto traffico, arriviamo quindi alla meta (Malles) alle 12.00, in anticipo sulla tabella di marcia.

Il tempo non promette nulla di buono, nuvoloni all’orizzonte avanzano minacciosi, ma per il momento non piove, possiamo quindi procedere alle operazioni di scarico con tranquillità.

Rapidamente tutte le biciclette e i relativi bagagli da caricare su di esse sono a terra, con la solita abilità e maestria procediamo a sistemare tutto quanto, un saluto all’autista e siamo pronti per partire.

Ma il pericolo è in agguato! Un binario morto provoca subito un paio di cadute, Margherita prima ed Antonella subito dopo volano a terra creando nel gruppo un attimo di panico.

Per fortuna che tutto si risolve con un grande spavento e qualche piccola ammaccatura. Giusto il tempo di soccorrere le sventurate per assistere allo show di Franca che, incurante del traffico, scorrazza con la sua bicicletta in mezzo all’incrocio nel disperato tentativo di sbloccare il suo cambio.

Con le mani fra i capelli (pochi) urlo a Franca di fermarsi e di togliersi dal traffico in modo da evitare un altro e ben più grave incidente.

Nel frattempo una parte del gruppo si era già avviata con Ilic alla ricerca dell’ostello. Noi aspettiamo che Antonella superi questa piccola crisi per poi raggiungere la nostra prima sistemazione per la notte.

Ritroviamo l’altra parte del gruppo in prossimità dell’ostello e dopo qualche attimo di caos riusciamo a sistemare le biciclette nell’apposito rifugio in sicurezza e raggiungere le varie camere.

Piove e fa freddo, non una grande accoglienza per un gruppo che vorrebbe raggiungere il Passo Resia con annesso giro del lago. Nessuno ha voglia di sfidare le intemperie e tutti approvano la soluzione autobus per raggiungere il passo.

Prima di prendere il bus abbiamo giusto il tempo per una rapida visita all’antica chiesa di San Benedetto, una delle più antiche d’Europa dove al suo interno si possono ammirare i resti di alcuni dipinti murali di epoca carolingia.

Un caffè bollente ed un’enorme fetta di torta sono il miglior carburante per affrontare la gita al lago.

Dopo circa venti minuti di autobus raggiungiamo la meta. La pioggia è cessata e un timido sole ci accoglie sulle rive del lago ricacciando le nuvole a ridosso delle montagne. Scendiamo a Curon, un piccolo centro, da dove possiamo ammirare il campanile immerso nelle acque del lago. Nonostante il vento gelido il gruppo emana calore e sprigiona allegria, lo spavento iniziale è alle spalle, comincia ad uscire il giusto spirito di gruppo.

Tornati all’ostello soddisfatti della nostra breve gita, ci concediamo una doccia riscaldante e una breve pausa prima di andare a cena al Bistrò Vinterra.

Sotto una pioggia battente raggiungiamo il nostro primo ristoro dove, nel frattempo, alcuni membri del gruppo ci hanno anticipato per un aperitivo. Pensando di esserci tutti affrontiamo la pioggia battente e arriviamo alla meta dopo una breve camminata. Con nostro grande stupore ci accorgiamo che mancano Carlo e Deanna. Incurante della pioggia ritorno sui miei passi a recuperare i figliol prodighi.

Il locale è aperto solo per noi, siamo curati e coccolati da Peter in sala e dalla gentile e brava moglie in cucina. Profumi di verdure e erbe aromatiche la fanno da padrone, una cena deliziosa in una location curata in ogni particolare che tutti hanno apprezzato.

La prima notte in ostello. Qualcuno russa, qualcuno parla nel sonno, qualcuno si preoccupa del meteo incerto che ci aspetta. Poi gli animi si rasserenano e la notte passa indenne lasciando spazio ad un nuovo giorno.

Siamo quasi tutti svegli alle prime luci dell’alba. All’interno del gruppo sembra essersi creato uno stato di panico generalizzato dovuto all’ipotetico arrivo verso le 11 di un catastrofico temporale che ci travolgerà durante il nostro trasferimento da Malles a Merano.

E difficile gestire queste situazioni di terrore che si infiltrano maliziosamente all’interno di un gruppo. Ognuno ha consultato fantomatici siti di previsioni del tempo mai visti prima d’ora, ma tutti sembrano sentenziare che una pioggia torrenziale ci piomberà addosso implacabile. Nel frattempo fuori splende il sole.

Dopo una colazione buona ma piena di tensioni, cavalchiamo finalmente le nostre biciclette faticando non poco a trovare la retta via che ci dovrebbe portare a Glorenza, prima tappa di giornata.

Stranamente continua a splendere il sole. Ma tutti quanti assicurano che il meteo non mente e che la pioggia arriverà e se arriverà.

L’agglomerato medievale di Glorenza ci accoglie in tutto il suo splendore, le sue mura, i suoi portici e i suoi palazzi la rendono veramente un piccolo gioiello di questa vallata.

Salutato questo magico borgo, riprendiamo la corsa verso Merano. Vedo in molti il terrore negli occhi, il nemico(temporale) ci sta inseguendo e lo fa in modo subdolo, si nasconde dietro le montagne per poi piombarci addosso all’improvviso.

La ciclabile fiancheggia il torrente Puni che poi all’altezza di Sluderno si tuffa nell’Adige, Le sue acque sono impetuose a causa delle piogge notturne. Il rumore del suo corso è quasi assordante e copre anche le nostre poche chiacchiere di giornata.

Era prevista una seconda tappa a Castel Coira con relativa visita guidata, ma un disguido dovuto ad una mancata comunicazione e forse anche all’ansia da pericolo pioggia ci fanno superare di ben sette km. Il punto di uscita dalla ciclabile.

Si alza la tensione nel gruppo. Non sappiamo bene cosa fare. Tornare indietro vorrebbe dire allungare la tappa di ben 14 km. Proseguire vuol dire saltare la visita e fare una figuraccia con la prenotazione. Nessuno si pronuncia, anche se si legge chiaramente sul viso delle persone che sarebbe meglio proseguire per arrivare prima possibile a Merano.

Prendo il coraggio a due mani e telefono al castello raccontando di uno spiacevole incidente che ci impedisce di essere presenti al castello per la visita guidata. Sono deluso e amareggiato ma ritengo di avere agito nel migliore dei modi per il bene del gruppo.

Sulla prossima tappa a Laces non transigo, pioggia o non pioggia lì ci dobbiamo fermare; il sole stranamente splende ancora.

Santo Spirito all’Ospedale è la piccola chiesetta che dobbiamo visitare a Laces. Questo piccolo capolavoro denominato “la cappella sistina dell’Alto Adige”, è del 1400 con decorazione pittorica risalente al 1600, con un magnifico altare ligneo a portelle.

Trovare l’ingresso di questo gioiellino non è stato impresa facile, in quanto nascosto in una via interna e bloccato da un cancello chiuso che delimitava l’ingresso ad una casa di riposo. Ci mancava anche l’inaspettato arrivo della pioggia a complicare il piano di visita.

La determinazione nel voler entrare era in quel momento assoluta e nessuno e niente mi avrebbe fermato. Una santa donna affacciatasi alla finestra ci ha indicato la retta via e grazie ad un pulsante magico il cancello si è aperto e ci ha permesso sia di ripararci dalla pioggia che di visitare la chiesa.

Di fronte a tanta bellezza anche gli animi si sono rasserenati, quasi d’incanto il temporale non ci faceva più paura, finalmente in gruppo si respirava un’aria più distesa e rilassata.

Pochi chilometri ci separano da Merano, il tempo rimane incerto ma il pericolo di pioggia sembra scongiurato. Di buon pedale proseguiamo lungo questa bella ciclabile dove viaggiamo in compagnia del rumore dell’acqua che scorre verso valle, impetuosa come se fosse impazzita.

Il torrente Passirio, da tempo immemorabile gioia e dolore di Merano con le sue inondazioni e la sua acqua fresca e pulita, ci prende per mano e ci conduce fino al nostro ostello. Sistemate in sicurezza le nostre cavalcature, possiamo rilassarci un attimo nelle nostre stanze prima di dedicare un poco di tempo a questa raffinata cittadina famosa per le sue passeggiate e per i suoi portici ricchi di negozi.

Il gruppo si divide. Noi decidiamo di fare la passeggiata che costeggia il torrente cercando il posto più adatto per una gustosa merenda. L’aria è fredda, le nuvole minacciose, la pioggia potrebbe presto arrivare.

Birra, uova e salsiccia, la merenda del Forsterbrau è sicuramente sostanziosa e non lascia spazio a commenti. Dopo aver recuperato le forze, possiamo affrontare l’incalzare della serie infinita di negozi che i portici di questa cittadina offrono come incredibile attrazione al femminile.

Dopo aver vivisezionato un numero inenarrabile di negozi, recuperiamo tutto il gruppo per la seconda puntata al ristorante della Forst. Un enorme stinco la farà da assoluto padrone in questa bella cornice dove le birre scorrono a fiumi e i camerieri volteggiano leggiadri fra le tavole imbandite.

All’uscita del ristorante ci attende una serata umida e fresca gruppi di giovani hanno appena iniziato la loro lunga nottata, noi invece con le poche forze rimaste ci incamminiamo lentamente verso il nostro dormitorio.

Domani ci aspetta l’Adige e quasi cento chilometri della sua ciclabile.

L’uscita da Merano si rivela molto facile, in un attimo siamo sulla ciclabile dell’Adige. Il fiume ci accoglie con le sue acque torbide, con le sue sponde verdeggianti e la sua aria frizzante. Il gruppo procede di buon passo in un silenzio quasi surreale.

Le acque si chetano, il loro colore risplende nuovamente di verde, il nostro rapporto con il fiume si addolcisce, possiamo pedalare quasi ad occhi chiusi, ognuno di noi libero di sognare solo cose positive.

Salutiamo le piante di mele che lasciano piano piano spazio alla vite; cambiano i profumi e gli scenari ma pur sempre miracolo della natura si tratta. Ogni tanto siamo costretti a fiancheggiare l’autostrada, dove queste scatole di metallo impazzite sfrecciano da una parte all’altra. Questo rumore assordate ci risveglia bruscamente dai nostri sogni e ci riporta amaramente alla triste realtà di tutti i giorni.

La tappa intermedia di oggi è dedicata al “Salotto della bassa Atesina “: Egna. Quasi nascosto fra meleti e vigneti questo borgo ancora autentico, lontano dai ritmi caotici dell’autostrada, ci accoglie con la vista delle mura, dei suoi antichi palazzi e l’originalità dei suoi portici che ti invitano a gustare un buon bicchiere di Pinot Nero.

Il gruppo si intrufola fra le viuzze o sotto i portici per poi trovare il posto adatto per un meritato spuntino all’ombra di un sole sempre più accecante.

Lasciamo i nostri calici vuoti con un po’ di tristezza ma il dovere ci chiama e Trento ci aspetta.

Riprendiamo il nostro cammino senza particolari intoppi, le vigne a sinistra e il fiume a destra sono le cornici che completano il nostro quadro. Il sole scalda ma non brucia, ci invita a pedalare in leggerezza con la mente libera dall’affanno di arrivare alla meta a tutti i costi.

Anche il Pinot ha rallegrato l’animo e scaldato i cuori. Il gruppo viaggia sereno come se fosse proiettato in un mondo tutto suo, immune dai cattivi pensieri e libero di sognare un mondo migliore.

La sapiente mano della nostra guida ci conduce davanti al nostro albergo, dove, inevitabilmente, creiamo un attimo di trambusto per sistemare le nostre cavalcature nell’apposito ripostiglio.

Come al solito, d’incanto tutto si sistema e tutti i tasselli vanno al loro posto. Doccia, riposino ed eccoci pronti per una passeggiata per il bellissimo centro di Trento.

Camminando e chiacchierando in assoluta spensieratezza, arriviamo in piazza Duomo dove la cattedrale di San Vigilio svetta imperiosa. Riusciamo ad entrare per una visita fugace appena prima della chiusura.

Piazza Duomo non è solo la cattedrale, tutti gli edifici che la circondano suscitano il nostro senso di ammirazione, trasportandoci indietro nel tempo come se fossero arrivati gli ospiti del Concilio di Trento che venivano alloggiati nella casa dei nobili Cazuffi confinante con la chiesa dell’Annunziata.

Dopo questo breve ma intenso viaggio nel tempo, torniamo alla realtà dei nostri giorni per avviarci presso il ristorante la Cantinota, locale storico di Trento, per una gustosa e meritata cena.

Prima di rientrare in albergo, troviamo giusto il tempo per una breve deviazione che ci permette di ammirare il castello del Buonconsiglio illuminato, dolce visione prima di augurarci la buonanotte.

Il ritrovo mattutino, dopo una colazione nelle caffetterie del centro, è fissato in Piazza Duomo, per un ultimo saluto doveroso alla città e al suo santo protettore. Qualcuno è riuscito a smarrirsi fra le viuzze e i mercati cittadini facendo infuriare la nostra guida che in quanto a puntualità e sempre molto rigido.

A ranghi completi possiamo partire per la nostra penultima tappa che ci condurrà sulle rive del Lago di Garda, in quel di Peschiera.

Imbocchiamo per l’ultima vola la ciclabile dell’Adige. Il fiume ci ha accompagnato durante il nostro tragitto facendoci sentire la sua presenza ma in modo rispettoso senza mai trasalire, trasmettendoci la sua serenità e pacatezza ma ricordandoci in modo silenzioso il necessario rispetto per la natura.

Dopo qualche esitazione, dovuta ad una segnaletica errata, attraversiamo il ponte per deviare verso il lago di Garda. Ci aspetta una breve asperità prima di avvistare le azzurre acque del lago con la stupenda vista su Torbole.

La salita e il sole caldo lasciano il segno sui nostri volti, il sudore scende a goccioloni, le borracce si svuotano, la pausa caffè tarda ad arrivare e nel gruppo si sente qualche brontolio. Poi la sosta arriva e gli animi si placano, siamo pronti per buttarci a capofitto verso Torbole, Riva e l’appuntamento con il traghetto che con un lungo giro ci porterà fino a Peschiera.

La vista del lago è veramente da mozzafiato, rimaniamo senza parole, il colore blu intenso dell’acqua mischiato a delle macchie verdi e azzurre, punteggiato dal bianco delle imbarcazioni a vela e dai mille colori dei surfisti che sembrano danzare sull’acqua, rendono questo quadro veramente unico.

Dopo questa scorpacciata di emozioni, veleggiamo in discesa per raggiungere Torbole ed entrare nel caos cittadino che questa località vive quasi tutto l’anno, facendo quasi sempre il pieno di turisti.

Con qualche difficoltà raggiungiamo Riva e il suo imbarcadero per confermare la nostra prenotazione. Una volta sistemata la pratica dei biglietti abbiamo giusto il tempo per una sosta all’ombra dove una birra e un panino ci terranno compagnia in attesa del traghetto.

Ci mettiamo in fila con le nostre biciclette al seguito. Una volta aperti i cancelli le nostre cavalcature vengono sistemate in sicurezza dalle mani esperte dei marinai di turno, la crociera sul Garda ha inizio; ci aspettano ben cinque ore di navigazione.

I più temerari si sistemano nella parte superiore, incuranti del sole cocente e delle raffiche di vento che pelano il viso e puliscono la mente, mentre uno sparuto gruppetto raggiunge l’enorme salone interno quasi deserto da dove si può ammirare il lago in tutta la sua bellezza.

Durante la nostra crociera, zizzagando fra barche a vela e surfisti volanti, attracchiamo in più di venti località godendoci comodamente seduti la bellezza e al tempo stesso la diversità di ogni località toccata dove però non manca mai un tocco di signorilità e una costante presenza di turisti stranieri.

La cornice di montagne che circondano il lago, sembra osservare dalla loro imponenza a protezione delle acque per poi tuffarcisi dentro come un cornetto nel cappuccino.

Alle 20,05 attracchiamo al porticciolo di Peschiera. Neanche il tempo di ammirare l’elegante passeggio che per l’ora dell’aperitivo affolla le piazzette e di dare una occhiata alle sontuose mura che dobbiamo pedalare di buona gamba verso il nostro hotel per prendere possesso delle camere. Senza neanche una doccia rinfrescante ci rimettiamo in sella per arrivare all’agriturismo che ci aspetta per la cena.

Siamo una squadra unica, forte e organizzata, tutti eseguono gli ordini in modo preciso; dopo aver sistemato le borse all’interno delle camere, siamo già in sella per andare a cena. L’agriturismo è a circa 10 minuti di comoda pedalata. Arriviamo fra lo stupore degli avventori che stanno già cenando e bevendo allegramente.

Nonostante il locale sia strapieno, non dobbiamo attendere più di tanto per l’arrivo del nostro cibo. Antipasto, primo ed enorme grigliata, il tutto innaffiato da vino rosso e bianco fresco ci saziano abbondantemente lasciandoci un ottimo ricordo di quest’ultima serata insieme.

Dopo aver fatto i complimenti al gestore del locale, facciamo ritorno al nostro albergo per una meritata e necessaria dormita. Domani i chilometri saranno 110 e la giornata sarà lunga e calda.

L’ultimo giorno ci si alza sempre con un sottile alone di tristezza. La sala delle colazioni è già gremita ma regna uno strano silenzio, anche i quotidiani preparativi avvengono con le persone affette da uno strano mutismo. Poi quasi d’incanto una semplice foto di gruppo, a sancire l’ufficialità dell’evento, riesce a sbloccare la situazione e a far tornare il sorriso sulle facce intristite di tutto il gruppo.

Salutiamo Peschiera e il suo lago per proseguire sulla ciclabile, sempre affascinante, del Mincio, con i suoi colori e i suoi profumi, anche se la tempesta dei giorni scorsi ha lasciato evidenti segni di devastazione con alberi sradicati e frasche sparse dappertutto.

Mentre pedaliamo non possiamo non cogliere l’ennesimo messaggio che la natura continua ad inviarci ma che puntualmente facciamo finta di non vedere e di non sentire come se non fosse successo nulla.

L’arrivo a Mantova provoca una notevole sensazione di stupore; prima ti accoglie l’eleganza dei suoi laghi con le ninfee in fiore che spuntano dall’acqua, poi appaiono uno ad uno i suoi monumenti gioiello che sembrano incastonati come i diamanti in una collana.

Ci fermiamo in un chiosco a bordo lago per una fugace pausa ristoro. Ci serve un pasto leggero per poter affrontare i restanti 50 chilometri e passa che ci separano dall’arrivo a casa e saranno tutti molto soleggiati.

Alla ripartenza dobbiamo affrontare anche un piccolo problema tecnico (foratura), che la forza e la compattezza del gruppo risolvono brillantemente permettendo di riprendere il cammino con solo un piccolo ritardo.

Per fortuna che qualche nuvola compassionevole viene in nostro soccorso rendendo il pomeriggio sostenibile e meno duro del previsto. Saliamo sull’argine del Po fino a raggiungere il punto in cui l’olio confluisce in esso per poi attraversare il ponte di barche di San Matteo.

Attraversare questo ponte ti dà la netta sensazione di essere oramai a casa, tutto quello che ti circonda è famigliare, sembra di averlo sempre visto e vissuto. Non manca tanto all’arrivo e il gruppo lo annusa, lo capisce e come d’incanto pedala più adagio come se volesse non arrivare mai.

A Guastalla salutiamo alcuni partecipanti che per ragioni logistiche prendono un'altra via, poi il resto del gruppo seguendo il torrente Crostolo si avvia a percorrere gli ultimi chilometri.

Giunti finalmente alla meta, forse presi dalla stanchezza, riusciamo a combinare un mezzo guaio cercando di attraversare un passaggio a livello con le sbarre che si stavano chiudendo. Dopo qualche spavento e un urlaccio di rimprovero, riusciamo a chiudere la gita senza incidenti ed ammaccature varie.

Quello che vedi, quello che provi, quello che senti, se lo puoi condividere con gli altri ha tutto un altro valore.

Grazie a tutti.

Gianpaolo Beltrami


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